Sfincione o sfincionello

Accattativillu, chi ciavuru! L’imbonitore palermitano, a bordo della sua “Lapa”, si aggira notte e giorno per le strade polverose della città. È l’ambulante venditore di sfincione e sfincionello, da notare la differenza nel diminutivo, che denota caratteristiche diversissime della pietanza siciliana più conosciuta e cara ai turisti di mezzo mondo. Una pizza che non è pizza e assomiglia più alla soffice “sfincia” che al companatico dei contadini. Lo sfincione, morbidissimo grazie alla gran quantità di acqua che lo rende soffice, è gustoso più di un piatto di pasta ma semplice come il pane. In origine sostituiva il semplice companatico per le feste comandate; nacque infatti come alternativa al pane per Natale, e poi come cibo di festa, economico, semplice e colorato; una ghiottoneria a basso costo che andava a ruba fra adulti e bambini. Nato in un contesto popolare e di scarsi mezzi veniva offerto anche come piatto d’onore nei banchetti di fidanzamento, ovvero in occasione del primo “appuntamientu“, che avveniva in casa della promessa sposa. Di origine contadina, tramandata dai saraceni ma sicilianizzata, da leggenda, dalle suore del monastero di San Vito, lo sfincione mantiene la stessa struttura della pasta di pane ma non è un pane condito. Dalla farina, sale e acqua e un po’ di lievito le massaie dell’800 crearono un impasto morbidissimo e plasmabile, che schiacciato con il palmo delle mani e con tocchi leggeri assumeva tutte le forme. Lo sfincione infatti ha varie misure e altezze, determinate dalla quantità di lievito e dalla cottura che tradizionalmente avviene nei forni a legna, i cui mattoni sprigionano un’intenso odore di legno e limone che impregna di gusto e odore l’impasto. Ma a darne i connotati che lo rendono un piatto unico e di difficile imitazione è il condimento. Lo sfincione infatti non è “pane schittu”, e si adorna di acciughe, cipolla, olio e formaggio alla base, per arricchirsi di tuma, formaggio fresco, o pecorino a Bagheria, o di caciocavallo, origano, sarde e pomodoro a Palermo. Ma il condimento essenziale che tutto il mondo gli invidia è la mollica! Che non è pan grattato e si ottiene direttamente dal pane, nello sfregamento delle mani all’interno di grandi pagnotte rafferme, chiamate “vastidduna pi’ sfinciuna“. Questa lo rende morbido e soffice, conferendogli una bianchezza difficile da imitare e segna l’imprinting di un gusto tutto mediterraneo.

Elena Beninati

Lo Sfincione Palermitano è a portata di click su Cannoli.online e sarà spedito il giorno successivo all’ordine online in apposita confezione per il trasporto aereo. (Don Leo)

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Quando nasce l’arancina?

A_Miste_LCL’arancina non è siciliana, ma fu portata dai saraceni in tempi lontani. Era una pietanza popolare di stampo contadino e venne fuori a seguito di esperimenti e aggiustamenti. È tipicamente un piatto arabo, fatto di riso profumato dallo zafferano e dalle erbe, arricchito di verdure, odori e pezzetti di carne. Originariamente era un piatto unico servito in grande quantità come il cuscus, tanto che i commensali, alla maniera tunisina, lo mangiavano servendosi direttamente dal vassoio con le mani. Un giorno per trasportare il succulento piatto gli arabi arrotolarono il riso trasformandolo in una palla che ricordava l’arancia, e poteva essere trasportata. Fu per questo che alla Corte di Federico II si inventò la panatura croccante che assicurava una migliore conservazione del riso e rendeva l’involto più consistente e resistente tanto da potere tranquillamente condurlo in viaggio o alle battute di caccia. Questa pallina fatta solo di riso originariamente non conteneva nulla. Il ripieno, al burro o al pomodoro arrivarono solo dopo qualche secolo. Oggi le arancine sono al ragù, al burro, con mozzarella e pomodoro, agli spinaci e melenzane e persino al cioccolato e il 13 dicembre, in onore di Santa Lucia, i palermitani ne fanno una grande abbuffata.

Elena Beninati

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Sono arrivati gli Arancini al Cioccolato!

Giorni fa il nostro cliente Luigi, che già aveva provato gli arancini tradizionali rimanendone entusiasta, ci ha suggerito di proporre ai nostri amatissimi clienti quelli al cioccolato.

A dire il vero non ne conoscevo l’esistenza, ma allettato dall’idea chiamavo subito il nostro pasticcere che mi confermava che non solo sono buonissimi ma che fanno parte della tradizione culinaria siciliana. Lui li preparava molti anni fa, adesso sono quasi introvabili.

Ne ha cucinato qualcuno per farmelo assaggiare e subito ho deciso di metterli online!

Il riso viene cotto nel latte e si sposa in maniera perfetta con il cioccolato. Il sapore della panatura croccante unito a quello del dolce interno fanno di questo arancino un pezzo sfizioso!

E’ impossibile resistere! Durate la realizzazione  delle foto per Cannoli.online, io ed il nostro fotografo Mario passavamo il tempo a mangiare, e non ne è rimasto uno 🙂

Gli arancini al cioccolato verranno realizzati il giorno dopo l’ordine online e spediti in 24h con UPS Express Saver.

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Gli Arancini di Riso, anzi Le Arancine una vera ghiottoneria!

Avete mai provato gli arancini di riso palermitani ? Noi qui le chiamiamo arancine, e vi assicuro sono una vera ghiottoneria! Adesso a portata di click su Cannoli.online.

Si possono gustare come spuntino, antipasto, primo piatto o anche piatto unico visto che il peso medio è di 200g circa per ognuna.

Verranno preparate il giorno successivo all’ordine online, semi abbattute e riposte in appositi contenitori a loro volta inseriti in confezione di polistirolo e spediti in 24h con UPS Express Saver.

Sono disponibili in confezioni da 10, 20 o 30 pezzi al burro, alla carne o anche misti.

Consiglio: Scaldatele nel microonde prima di consumarle.

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La ricotta di pecora, semplicemente buona

Mi capita di andare in giro per campagne alla scoperta di paesaggi da fotografare. E’ un’attività rilassante, con mete molto approssimative che mi conducono alla scoperta di di angoli o scorci di Sicilia inaspettati. In questo periodico girovagare mi capita anche di “raccogliere” una bella immagine: è lì che mi attende. Un campo fiorito con un cielo azzurro ed intenso, il passaggio delle nuvole all’orizzonte, un contadino sotto un’albero, il lento rincorrersi delle colline o la simmetria dei vigneti. Per fortuna sto in una regione dove la luce è forte ed inonda tutto. In questo mese, poi, quella migliore, la luce più bella è quella del tardo pomeriggio, dalle 17 in poi. La luce di giugno è fantastica, soprattutto per gli amanti della fotografia. Approfittando delle funzioni video delle nuove fotocamere, non è raro che faccia qualche filmato. Certo, è un’altro mondo rispetto la fotografia: la fotografia è un attimo, la ripresa video è “un flusso”, un insieme di attimi. L’impugnature deve essere ben salda, altrimenti trema tutto e non sempre ho a portata di mano un treppiede o un monopiede. Diciamo che, mentre fare fotografia è il mio mestiere, fare video è il mio divertimento, quindi non aspettatevi un video da oscar 😉 Non divaghiamo. Ho incontrato un pastore con il suo gregge e mi sono fermato a fare quattro chiacchiere sul latte e ricotta. “Chissà come si fa?” mi sono chiesto. Siamo ormai abituati a vedere la ricotta in asettici banconi frigo, dimenticando che…qualcuno l’avrà pur fatta quella ricotta. Qualcuno si sarà sporcato le mani di latte, avrà messo tutta la sua esperienza e maestria nel farla, no? La chiacchierata con il pastore è servita a farmi indicare un caseificio in zona, di cui sapevo l’esistenza, raggiungibile solo dopo 20 minuti d’auto. Alle volte mi rendo conto che ho un po’ di faccia tosta, eppure riesco ad accaparrarmi la simpatia di persone intente a lavorare, dopo aver superato la diffidenza iniziale. In effetti penso che agli artigiani piaccia che qualcuno si interessi del loro lavoro, oltre che piace anche esibirsi un po’. Sono anche arrivato al momento giusto, dato che il latte era bell’e pronto per ricevere il siero e trasformarsi in ricotta profumata. Ho fatto qualche ripresa apposta per voi, amici miei. Naturalmente, per quanto mi riguarda, sono ritornato a casa con un buonissimo bottino 😉 Mi raccomando, non dimentichiamoci di valorizzare la produzione locale.

Saluti

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